Screenshot-2023-05-21-at-10-45-48-Museo-P.-Innocenzo-Marcino-–-Il-Venerabile-P.Innocenzo-Marcino MUSEO D'ARTE SACRA "INNOCENZO MARCINO' " CALTAGIRONE

ESTRATTO DA ” MUSEO D’ARTE SACRA INNOCENZO MARCINO’ CALTAGIRONE ” DI STEFANO PUGLISI, ANTONINO NESLER & PAOLO GIANSIRACUSA

Con la dedica ad un grande religioso vissuto nell’età Barocca, il 13 Settembre del 2014 si è innaugurato a Caltagirone il Museo D’Arte Sacra della Provincia Religiosa dei Frati Minori Cappuccini di Siracusa. E’ stato un evento di grande spessore culturale destinato a lasciare un segno innanzitutto nel campo della difesa, la custodia e la valorizzazione delle opere d’arte conservate nelle chiese siciliane. I Frati Cappuccini del Convento di Caltagirone, con silenzio ed umiltà, hanno messo in salvo nel tempo un patrimonio di inestimabile valore, raccolto spesso nelle discariche e nei depositi impolverati di strutture religiose diventate insicure e vulnerabili per la carenza di vocazioni. La loro è stata un’azione di salvaguardia conservativa antesignana rispetto a quanto la normativa sui beni culturali, con grave ritardo e molte disfunzioni, ha previsto nel tempo. Alla loro abnegazione, alla passione per l’arte e al profondo rispetto per i simboli e i documenti della fede si deve dunque questo gioiello museale che, per la quantità dei reperti ancora in deposito, si configura come l’inizio di un processo di valorizzazione destinato a riqualificare altri spazi e a rendere fruibili altri capolavori. Le opere in mostra sono solo una parte di un patrimonio ingente costituito da paramenti sacri, ori, argenti, dipinti, sculture, ceramiche, decori lignei, in cui emergono la perizia e l’ingegno di artisti famosi e anche l’estro creativo di umili frati che, in un passato non molto lontano, affiancavano alla preghiera e alla meditazione l’esercizio dell’arte. Il museo espone il patrimonio artistico cappuccino della provincia dei frati minori cappuccini di Siracusa. In realtà gli spazi allestiti non sono sufficienti a contenere il vasto patrimonio costituito da paramenti sacri, ori, argenti, dipinti, sculture, ceramiche, decori lignei, “in cui emergono la perizia e l’ingegno di artisti famosi e anche l’estro creativo di umili frati che, in un passato non molto lontano, affiancavano alla preghiera e alla meditazione l’esercizio dell’arte”, come scrive il prof. Paolo Giansiracusa. Accanto al museo si trova la chiesa dei Frati Minori Cappuccini, dove oltre alla già citate “Cappella delle reliquie” e alla copia della Sindone, si possono ammirare anche alcune opere di Filippo Paladini: il quadro di S. Maria Odigitria e due quadretti di S. Agata e S. Lucia.calice-museo-scaled MUSEO D'ARTE SACRA "INNOCENZO MARCINO' " CALTAGIRONEL’allestimento e l’apertura di un Museo è sempre un momento di accesa emozione estetica, culturale e sopratutto spirituale. E cosi è stato per l’innaugurazione , nei locali del convento a questo scopo ristrutturati e adeguati, del Museo dei Cappuccini di Caltagirone. Ma il Museo dei Cappuccini è innanzitutto un Museo Cappuccino, dove l’aggettivo Cappuccino ne è anche il contenuto emblematico e lo stile inconfondibile. Perchè è un Museo che, come uno scrigno, conserva la tradizione, la storia, la specificità e lo stile, sobrio e distinto, della cultura Cappuccina. Infatti vuole conservare quanto di meglio, nel corso di cinque secoli, i Cappuccini hanno vissuto e saputo esprimere nella e della loro vita. Almeno quelle tracce che di questo lungo tempo si è riusciti a custodire o a ritrovare.

E quello che sorprende è che i Cappuccini, per scelta di vita e di stile, i loro manufatti, intreccio mirabile di Arte e di semplicita, li hanno realizzati con quei materiali, che nella valutazione comune venivano considerati secondari o di poco valore. E dobbiamo essere loro grati di quanto oggi possiamo ammiorare in esposizione, non solo perchè hanno fatto realizzare questi oggetti per i loro conventi, mas perchè i loro stessi conventi erano botteghe d’arte, in quanto spesso gli stessi frati erano artigiani ed artisti di gusto raffinato. Basta ammirare le tante custodie, almeno una per ogni convento finemente intarsiate e intagliate, che campeggiavano nelle loro piccole chiese;gli innumerevoli crocifissi lignei o di osso, delle più diverse dimensioni; i Paliotti, a volte eseguiti con materiale poverissimo come la paglia, o più nobile come il cuoio policromo.

E tutto questo non fatto con l’intento di realizzare opere d’arte ma di fare del loro meglio, cioè tutto il possibile , tutto ciò che era nelle loro possibilità per rendere accogliente e adorne i luoghi di culto e anche le loro povere dimore. A questo riguardo l’utilizzo del legno non era tanto una scelta ma piuttosto una necessità, dettata dalla povertà. Perchè allora ilmarmo non era alla portata di tutti e tanto meno dei poveri. Ma di questo i Frati non se ne rammaricavano, al contrario si adoperavano con perizia perchè il vile legno di allora, per noi oggi cosi tanto prezioso supplisse al meglio il marmo che, senza invidia, lasciavano a quanti avevano le possibilità.

Nel Museo dei Cappuccini di Caltagirone i Frati hanno messo in esposizione e alla fruizione di tutti, quanto il sedimentarsi lento di cinque secoli di storia, tra vicende e vicessitudini varie, ha fatto giungere fino a noi. Anche questa non è un operazione nè semplice nè automatica, perche i cambiamenti storici e di gusto spesso più che conservare distruggono quanto viene tramandato. Senza la pazienza, l’accortezza e la tenacia unite ad una buona dose di gusto e di competenza di qualcuno, ancora  un’altra buona parte del materiale che noi oggi possiamo ammirare in esposizione sarebbe andato perduto. Per questo, senza offendere la modestia degli interessati, ma solo per suscitare l’emulazione nelle nuove generazioni che debbono continuare su questa scia, non si può non rendere merito a coloro che hanno voluto tenacemente e reso possibile, con il loro straordinario impegno, la raccolta, l’allestimento e oggi l’apertura di questo museo. Il nome di Padre Antonino e di Padre Marcello, che il Signore, nella sua infinita bontà, sicuramente scivera nel libro della vita, noi lo vogliamo ricordare anche qui in terra per un semplice e corale omaggio di riconoscenza e di gratitudine.

Con l’auspicio che dopo di loro, altri, e poi altri ancora, continueranno questa affascinante missione di custodire per le generazioni future quanto il tempo rischia di cancellare o fare dimenticare, non ci resta che lasciare le parole ed immergerci nella contemplazione del bello che, come qualcuno ci ricorda, ci può dare una mano forte per salvare questo mondo e tutte le sue derive.

Ciò che è sciatto non può appartenere all’uomo perchè non appartiene a Dio, se non ci dimentichiamo che siamo stati creati secondo la sua bella immagine.

egli, il più bello tra i figli degli uomini, ha reso e può ancora rendere bello ogni uomo.

+ Mons. Calogero Peri

Vescovo della diocesi di Caltagirone

DSC_2273-squashed-819x1024 MUSEO D'ARTE SACRA "INNOCENZO MARCINO' " CALTAGIRONE

Le opere d’arte danno testimonianza delle aspirazioni spirituali dell’umanità, dei sublimi misteri della fede cristiana e della ricerca di quella bellezza suprema che trova la sua origine e il suo compimento in Dio. Cosi Papa Francesco sè rivolto ai patrons of the arts dei musei vaticani, il 19 ottobre   2013. e ha continuato dicendo : “in ogni epoca la Chiesa ha fatto appello alle arti per dare espressione ala bellezza della propria fede  e per proclamare il messaggio evangelico della magnificenza della creazione di Dio, della dignità dell’uomo creato a sua immagine e somiglianza, e del potere della morte e risurrezione di Cristo di portare redenzione e rinascita ad un mondo segnato dalla tragedia del peccato e della morte”.

Il Museo Provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Siracusa, con sede presso il nostro Convento di Caltagirone , vuole inserirsi, umilmente, in questo percorso espresso da Papa Francesco. Intende, inoltre, offrire un’opportunità per conoscere meglio la realtà dell’ordine religioso che ha saputo farsi apprezzare dal popolo per il suo quotidiano servizio tra la gente e, riattualizzando le parole di Fr. Galdino ne “I Promessi Sposi”: “Siamo come il mare che riceve da tutte le partie che la torna a distribuire a tutti i fiumi” (Cap III), in un certo qual modo, restituire al nostro tempo le opere d’arte ivi raccolte, consegnandole idealmente a tutti i visitatori in rappresentanza dei numerosi fratelli e sorelle che nei secoli ne hanno promosso con sagezza la produzione, oppure, come in tanti casi, li hanno confezionate, custodite con amore, pregate con devozione, donate con generosità.

In conclusione, esprimo di cuore un sentito apprezzamento e un altrettanto ringraziamento ai cari confratelli Fra. Antonino Nesler, Fra Marcello Vinci e Fra Giorgio Tortorici, per l’operato paziente, appassionato e zelante dei quali, questo nostro museo e divenuto realtà.

Fra Gaetano La Speme

MINISTRO PROVINCIALE

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Negli anni ’70, dopo la chiusura di alcuni Conventi della Provincia dei Frati minori Cappuccini di Siracusa, gli oggetti più preziosi sono stati trasportati nel Convento di Caltagirone, per evitare che potessero essere preda dei ladri.

L’unico locale disponibile dove potevano essere sistemati i beni preziosi era un grande salone adibito per molte cose.

Gli oggetti raccolti erano molti per cui è stato riempito anche il coro sopra la chiesa.

Occorrevano altri locali, per ammirare la bellezza è la preziosità  degli ogetti da esporre, per cui abbiamo chiesto alla Provincia Regionale di Catania i locali dell’ex convitto, facenti parte del nostro ex Convento adibito a Istituto Agrario.

La Provincia Regionale di Catania, dopo reiterate richieste, rispondeva di essere disponibile a concedere i locali, in comodato d’uso, per realizzare il Museo; ma bisognava superare alcune difficoltà da parte dei dirigenti scolastici.

Passano gli anni e nei locali già fatiscenti crollano i tetti causando danni, per la troppa pioggia, nei nostri locali: Pinacoteca, Sacrestia e Sacrario di P. Innocenzo.

Alla nostra richiesta della riparazione urgente dei tetti, La Provincia Regionale di Catania risponde di non avere i fondi, ma ci fa la proposta di concederci i locali in comodato d’uso con l’impegno, da parte nostra, di provvedere alla riparazione dei danni.

Abbiamo accettato queste condizioni, perchè nel frattempo viene siglata fa convenzione tra il Presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, ed il Cardinale di Palermo, Salvatore de Giorgi, Presidente della C.E.SI., per il restauro dei beni ecclesiastici: Chiese, Musei, Biblioteche, Restauro quadri; un tesoro dal valore inestimabile che da solo rappresenta l’86 percento di tutto il patrimonio culturale Siciliano.

La Regione dichiara di disporre di settecento miliardi di euro prelevati dai fondi Agenda Duemila.

Mi sono premurato, incaricando l’Architetto Angelo Cipriani, che si dichiara disponibile, senza impegno da parte nostra, di preparare i progetti del nostro museo e della biblioteca di Siracusa.

Appena i progetti furono esecutivi sono stati presentati alla Consulta Regionale per i Beni Ecclesiastici, di cui faccio parte come Rappresentante Legale della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Siracusa, i progetti furono approvati e presentati alla Regione pedr il Finanziamento.

Quando tutto sembrava sicuro si aprì la crisi alla Regione; l’assessore responsabile alla sovvenzione dei progetti stanzio’ i fondi soltanto per il progetto della biblioteca di Siracusa promettendo che avrebbe finanziato in seguito anche il nostro.

Durante la campagna elettorale l’Assessore è venuto a vedere gli oggetti del futuro Museo, ne fu entusiasta e prima di andarsene, stringendomi la mano, mi disse: “Parola, dopo le Elezioni, il Museo sarà finanziato!”.

Invece, dopo le Elezioni, alla mia richiesta, la risposta è che non ci sono piu fondi.

Era necessario urgentemente riparare i locali; avevamo un piccolo fondo messo da parte costituito dalle offerte dei molti turisti che giornalmente venivano a visitare il nostro Presepe monumentale; unico nel suo genere.

Terminati i lavori di riparazione i fondi erano terminati, ci siamo chiesti: “che fare adesso”?.

Abbiamo deciso di continuare i lavori sperando nell’aiuto della provvidenza dei poveri.

I poveri possono dare poco, però sono moltissimi! ed il poco di ogni povero, messo insieme, diventa molto per cui siamo riusciti a realizzare il nostro Museo esclusivamente con il poco delle offerte dei poveri.

cosi, il 13 Settembre 2014, il nostro sogno di realizzare il Museo si è concretizzato.

Un Giornalista, intervistando Papa Francesco, ha chiesto: “Perche sua Santità spessissimo parla dei poveri?” la risposta è stata: “Perche i Poveri sono la bandiera del Vangelo”.

Ebbene, parafrasando le parole di Papa Francesco possiamo affermare anche noi, che la bandiera del nostro museo sono i poveri.

Fr. Antonino Nestler

Direttore del museo

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Nasce un Museo, una struttura nuova nel territorio regionale, una struttura destinata a custodire, a conservare per gli altri ciò che abbiamo ereditato.

Il nostro compito neii confronti dei beni culturali non è quello di consumarli. nell’età dei consumi, anche i beni culturali devono essere consumati.

Il Bene Culturale lo abbiamo ricevuto in consegna e la bontà della nostra fruizione si evince dalla qualità conservativa e manutentiva con cui lo consegneremo agli altri. Da questo si può rilevare l’impegno e la cura che sappiamo riservare ai segni della storia.

Se abbiamo conservato in maniera corretta, se abbiamo custodito con cautela, se abbiamo utilizzato bene il patrimonio Storico – Artistico, il nostro ruolo è stato svolto con rigore e la consegna al futuro è assicurata.

Se invece consumiamo i beni , se li disperdiamo, abbiamo fatto un duplice danno a noi stessi. Se da un lato infatti non contrastiamo la nostra ignoranza, dall’altro ipotechiamo le pagine della bellezza costituite dai segni stratificati dalla civilta’ umana.

Per gli storici dell’arte non è bello parlare di Musei; il Museo è l’ultima istanza del bene storico-artistico, potremmo dire che è l’obitorio delle opere d’arte, il luogo in cui giace dopo essere morta.

L’opera d’arte è viva quando è inserita nel suo luogo deputato, nello spazio della sua ambientazione creativa e fruitiva, proprio come il nostro straordinario dipinto della Madonna Odigidria.

Tutte le volte che le sculture, le decorazioni o i dipinti vengono estrapolati dalle chiese, dai castelli o dai palazzi per cui sono stati concepiti, tutte le volte che un oggetto artistico viene tolto dal suo luogo deputato e viene confinato all’interno di una struttura museale, muore.

l’arte in tal modo va a finire in obitorio, in un luogo in cui si annulla, in uno spazio in cui non parla, non respira, non comunica, non lancia messaggi.

Nel nostro caso particolare, la vicenda della collezione Cappuccina parte da molto lontano. facciamo riferimento alle leggi di soppressione degli ordini religiosi e di confisca dei Beni della Chiesa( 1866)con le quali il nuovo stato italiano, avendo necessità di nuovi spazi da destinare alla pubblica amministrazione, fece ricorso alla requisizione di molti beni ecclesiastici.madonna-museo-1-scaled MUSEO D'ARTE SACRA "INNOCENZO MARCINO' " CALTAGIRONEEvidentemente andò calpestata la funzione originaria. Furono cancellati completamente i segni legati alla regola Religiosa, alla decorazione simbolica, al rispetto artistico e quindi al messaggio stesso dell’opera d’arte.

Nessuno si curò di salvaguardare la storia e i suoi segni, la creatività e i suoi documenti, la religione e le sue stratificazioni umane.

Molto tempo dopo l’accatastamento deprorevole fiori’ una nuova stagione, quella legata alla nascita di strutture museali. Ciò che fu selvaggiamente sganciato dalle pareti, venne immagazzinato nell’attesa di un nuovo tepore intellettuale, di una nuova sensibilità conservativa.

Cosi sono nati molti musei; in essi manca ogni tensione culturale originaria, non c’è vibrazione spirituale, non ci sono messaggi da leggere.

Solo oggetti, tanti oggetti salvati, interi o in frantumi ma in ogni caso muti. E la vicenda dei Cappuccini della Sicilia, ed in particolare dei frati della Provincia Regionale Siracusana.

Proprio qui a Caltagirone fu soppresso il convento che, molto tempo più tardi, dopo anni di abbandono, fu trasformato in scuola Agraria. La Chiesa invece, dopo vasrie vicende, fu restituita all’amministrazione dei sacramenti. ma ciò non fu sufficiente a salvaguardare l’ingente patrimonio storico-artistico conservato.

A tutti è noto che l’Italia possiede la più alta percentuale mondiale dei beni culturali che pultroppo non sappiamo diffendere a causa del disinteresse generato dall’essere stati espropriati di un diritto morale di proprietà.

Dopo gli anni funesti dell’espropriazione e della disgregazione dei beni, hanno fatto seguito gli anni dell’oblio e del disinteresse. Dopo il disastro la famiglia Cappuccina, e in particolare quella di Caltagirone, ha cercato di rimarginare le ferite inferte alla fede, all’arte, alla storia.

Ogni oggetto d’arte ritrovato è stato messo in sicurezza. Ostensori, calici, candelieri, dipinti di cui si intuiva un certo valore, scultura, ceramiche, alabastri, legni intagliati o intarsiati, paliotti in cuoio, oggetti sfregiati, statuine sfigurate…tutto ha trovato nuova sensibilita’ conservatrice.

Salvati dal fuoco e dalle discariche, dai mercatini e dagli arbitrari riadattamenti, i segni dell’arte, relativi alla poetica e alla religiosità Cappuccina, hanno recuperato a poco a poco la dignità originaria che sembrava definitivamente perduta.

Ci sono voluti impegno costante, buon senso, sensibilita’ cultura e quella passione per il bello di cui i frati cappuccini sono maestri. E’ cosi che è nato il Museo d’Arte Sacra di Caltagirone, la galleria espositiva della Provincia Religiosa di Siracusa.

Crocifissi e bambinelli, pissidi e ostensori, legni intagliati e alabastri traforati, dipinti e custodie lignee, hanno trovato il luogo deputato della riconfigurazione formale e della fruizione pubblica.

Che dire poi dei numerosi paramenti sacri?Qui c’è un Museo nel Museo. Una raccolta senza pari di cui la galleria espositiva mette in evidenza solo le emergrenze; il resto attende il restauro e la giusta collocazione.

Un tempo il Sacerdote che si accostava all’altare per le celebrazioni si vestiva in maniera regale perche rappresentava il divino; egli era la proiezione della luce del divino nel momento del rito. I suoi abitidovevano avere il riflesso dell’oro e dell’argento e i colori vivaci della seta colorata che, con forme stilizzate, ricamava fiori e cespugli, festoni e architetture di fantasia.

Il lavoro creativo era in prevalenza affidato alle claustrali le quali, nel silenzio dei conventi, ricamavano abiti straordinari che nelle funzioni liturgiche accendevano il luogo sacro della celebrazione, il tutto con lo stupore e l’orgoglio del popolo.

Questi abiti con il tempo, per la pesantezza delle loro trame metalliche, si sono sfilacciati e di conseguenza hanno conosciuto l’abbandono nel fondo dei grandi armadi delle sagrestie. In alcuni casi sono stati restaurati e recuperati per le funzioni piu’ importanti. Di tali restauri non sempre può dirsene bene.

crocifisso-scaled MUSEO D'ARTE SACRA "INNOCENZO MARCINO' " CALTAGIRONE

I Cappuccini hanno dato il meglio della propria sapienza impedendo l’intervento di mani inesperte ed evitando che i complessi decori si riducesserio a simpatici quadretti da salotto.

I Frati hanno restituito agli abiti sia la funzione che la dignità espositiva; hanno riportato e ricomposto i segni dell’antica bellezza nello stesso luogo per cui erano stati concepiti.

Nel nostro territorio la lavorazione della cera ha una storia antichissima.

Con la cera , facile da modellare, gli antichi riproducevano i loro idoli, realizzavano i calchi per le fusioni in bronzoe modellavano gli impianti fihgurativi e decorativi originali delle monete. I Cristiani, hanno continuato l’uso di questa pregevole materia plastica perfezionando e amplificando le potenzialita’ tecniche.

Grande uso della cera a scopo artistico si è fatto in particolare nel rinascimento e poi nell’età barocca, Bambinelli e Madonne, crocifissi e pastorelli, ex voto e persino preparati anatomici, sono germogliati dalle mani di monache e di abili frati che, nel silenzio del chiostro concepivano forme di grande bellezza, seguendo nello stile l’esempio dei grandi maestri del marmo.

Si tratta sempre di manufatti delicatissimi , facilmente deperibili, che i Frati Cappucini di Caltagirone hannom raccolto con amorevole cura. Lo stesso interesse hanno mostrato per la messa in sicurezza di pregevoli masioliche  e per oggetti in terracotta della produzione locale.

Il visitatore attento, anche nei locali della sagrestia, potra vedere e apprezzare frammenti di pavimenti maiolicati del seicento e terracotte tardo barocche e liberty.

Capolavori assoluti, anche per la rarità di materiali utilizzati, sono le custodie lignee messe in salvo. Esse rivelano l’anima missionaria dei frati.

L’avorio e la madreperla, l’osso di tartaruga e le essenze lignee pregiate, utilizzati per gli intarsi sono tracce indelebili dei loro viaggi in terra di missione o dei loro rapporti con i confratelli di altri continenti.

In ogni Chiesa Cappuccina c’era un ciborio ligneo di pregio scolpito dagli stessi frati in forme architettoniche ridotte, in miniature, cosi da imitare la complessità strutturaledi grandi Cattedrali.

Anche gli oggetti di oro e argento, pur lontani dalla regola Cappuccina, i Frati Calatini hanno dedicato la propria attenzione conservatrice. La loro assenza in quest’ambito avrebbe comportato la perdita di un patrimonio di inestimabile valore.

Ostensori e calici, reliquiari e pissidi sono stati salvati dalle facili rapine e oggi, con la viva soddisfazione degli estimatori, trovano sicura dimora. Non mancano nella raccolta gioielli di scuola Messinese e Palermitana, argenti sbalzati e cesellati dafgli Argentieri Catanesi, fusioni che ripetono il  carattere stilistico degli juvara.

Gli oggetti più rari custoditi dai cappuccini sono i paliotti d’Altare in cuoio. Non avevo mai visto ogetti cosi raffinati, realizzati in cuoio sbalzato inciso e decorato. Si potrebbe dire che questa collezione rappresenta un fatto unico nel panorama artistico meridionale.

Questo museo andrebbe visitato non foss’altro che per vedere questa collezione straordinaria di paliotti d’altare che vanno dal XVII al XVIII secolo. Sono realizzati con la stessa tecnica con cui si sbalzano e si cesellano il rame e l’argento.

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Il Museo è dedicato a Padre Innocenzo Marcinò, d’altra parte tutto parla di lui, ogni cosa che voi ammirate qua dentro e relazionabile alla sua persona.

Si pensi ad esempio al monumentale reliquiario che è il risultato straordinario del suo ultimo impegno terreno. Egli mise insieme piu di 500 reliquiee, per l’esposizione permanente in appositi scrigni, chiamò a collaborare i migliori artisti del tempo, invitandoli a venire in Sicilia.

E’ il caso, ad esempio di Fr. Semplice da Verona di cui è possibile ammirare i due dipinti laterali del reliquiario, la Tela del Cristo Deposto ( un tempo nel Reliquiario) e i dipinti laterali del trittico dell’altare principale: quello della Beata Lucia da Caltagirone e l’altro relativo all’adorazione del Bambino di San Felice da Cantalice.

Padre Innocenzo sapeva coinvolgere artuisti abili in ogni tecnica. Si pensa in tal senso agli scultori dell’alabastro Trapanese , impegnati per le statue e le decorazioni del Reliquiario, e a quelli del legno per le custodie, le decorazioni, le cornici, gli scrigni e le statue.

Queste ed altre opere, nel nostro tempo, ha recuperato Padre Antonino Nestler, sostenuto dai suoi confratelli in  questo sforzo straordinario di recupero e valorizzazione dei tesori dispersi, distrutti, smarriti.

Egli ha portato ogni cosa nell’arca della salvezza, nel luogo della custodia dove finalmente si ricompone una pagina della storia che sembrava irrimediabilmente perduta.

Questo luogo pero’ non dev’essere inteso solo come Museo della custodia, poichè e spazio vivo della preghiera, della fruizione, della socialità. Lo testimonia in particolare il capolavoro assoluto custodito sull’altare principale della chiesa:la Pala della Madonna Odigidria di Filippo Paladini. Il Museo della custodia e quello vivo della pubblica fruizione partono da questo dipinto.

Intorno al Culto della Madonna Odigidria si può scrivere un pezzo importante della storia di Caltagirone, ciò innanzitutto in connessione con la presenza Cappuccina.

I Frati giunsero verso il 1585 grazie al consenso del Senato Calatino che diede loro la possibilità di costruire un nuovo convento e di ristrutturare una vecchia chiesetta dedicata alla Madonna Odigidria. L’antico culto dell’Odigidria fu rimodulato dai frati in patrimonio della nuova chiesa.

Cosi la Madonna Odigidria del culto Bizantino fu riproposta in chiave moderna alla comunità locale invitando all’azione creativa il piu grande Artista presente in quegli anni in Sicilia: FILIPPO PALADINI.

Partire da questo dipinto per la visita museale ha il duplice obbiettivo di esaminare un oggetto artistico di grande valore e di approfondire la conoscenza della storia della Città Calatina e dei suoi Frati Cappuccini.

D’altra parte un Museo a questo deve servire: a studiare, a conoscere, a riscoprire la propria identità , a rinverdire la propria coscienza.

La pazienza e l’interesse dei viaggiatori, degli studiosi, dei pellegrini e degli studenti scopriranno tutto il resto: dipinti attribuibili a Pietro Novelli, due opere certe di Mario Minniti, una statuetta assegnata  a Ignazio Mirabitti e alcuni Alabastri dei Tipa di Trapani.

Anche il presepe monumentale è degno di attenzione, non foss’altro che per la sua originale collocazione nella cripta della Chiesa.

I Padri Cappuccini hanno realizzato il Museo per conservare un pezzo della nostra e della loro storia, nonchè un frammento importante della memoria della comunità locale e del comprensorio regionale.

Loro si sono fatti custodi per noi ricomponendo un momento straordinario della storia civile e religiosa della Sicilia. La loro azione si è svolta in silenzio, mettendo insieme le offerte di tutti.

Nasce con l’obolo crisiano, la libera offerta, la questua silenziosa e invisibile. Quindi non è un museo degli altri, ma è un museo nostro; è il Museo delle nostre offerte, del nostro obolo ed è per tale ragione che avra vita lunga e custodia sicura.

Paolo Giansiracusa.

 

 

 

 

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